Davide Calì è fumettista, illustratore, scrittore. Nato in Svizzera, “straniero” per vocazione, vive e lavora tra l’Italia, la Francia e chi più ne ha più ne metta. I suoi libri sono stati pubblicati in oltre venti Paesi, da editori come Sarbacane, Actes Sud, Thierry Magnier, Gulf Stream, Chronicle Books, Bruua e in Italia da Zoolibri, Arka e Kite, per il quale a breve uscirà “La regina delle Rane”, illustrato da Marco Somà. Gli abbiamo fatto qualche domanda e questo è il risultato della chiacchierata telematica.
Ho letto in passate interviste che hai sempre saputo di voler fare il fumettista, poi a un dato momento la tua carriera ha lievemente “virato” comprendendo anche i libri per l’infanzia. Prevedi future “espansioni” in nuovi ambiti, o hai trovato la dimensione ideale per il tuo lavoro?
No, ogni volta che penso di aver trovato come dici tu la dimensione ideale, poi mi viene voglia di fare qualcos’altro. Sono partito dal fumetto e poi sono passato ai libri per bambini, per poi tornare al fumetto. Al momento sto lavorando a un paio di romans de poche, quindi testi non illustrati. Sto lavorando anche a un ebook e ho voglia di dedicarmi ad alcune app. Tra una cosa e l’altra suono la chitarra e scrivo canzoni.
Spesso nei tuoi libri ricorre il tema della “non appartenenza”, il sentirsi ovunque straniero, o la difficoltà di inserirsi in un contesto nuovo: dov’è “casa” per te?
Sì, è un tema che penso di aver maturato perché mi rappresenta molto. Diciamo che a Parigi mi sento a casa, ma ci passo meno tempo di quel che vorrei. Sono sempre in giro, perlopiù tra Francia, Italia e Svizzera, cosa che da un lato mi piace, dall’altro mi stanca. A un certo punto ho pensato di smettere ma poi ho capito che se sto fermo in un posto mi annoio. Ho cominciato a desiderare di lavorare in Francia tanti anni fa, quando ancora facevo videogiochi. Ora che ci lavoro da quasi dieci anni però ho un nuovo desiderio: l’America. In questi giorni sto chiudendo il mio primo libro americano e a breve la casa editrice farà un’offerta per due sequel. Quindi ovviamente sto già pensando di andare a starci per un po’! Volevo partire già quest’anno, poi il compleanno di Sarbacane, il mio editore francese, ha cambiato i miei programmi. In occasione dei loro 10 anni sono invitato a un sacco di saloni più del solito quindi ho deciso di rimandare. Anche in Australia ho respirato un’aria piacevole, soprattutto a Melbourne che mi è rimasta nel cuore e dove voglio tornare.
Si dice che nessuno sia profeta in patria, è stato così anche per te o potresti smentire il proverbio?
Nessuna smentita! Ma devo dire che considero il mio essere italiano una pura formalità. Sono nato in Svizzera da genitori italiani e sono cresciuto in Italia con une mentalità molto poco italiana.
Ho sempre seguito modelli distanti dall’Italia (anche se ho amato molta letteratura, molto fumetto e molto cinema italiano) e quel che faccio ha poco di italiano, quindi è normale che abbia trovato la mia strada altrove, anche se so che in Italia ho molti fans, fedelissimi, che si procurano i miei libri su Amazon.
All’estero sei ormai una stella, caratteristica che nel panorama italiano è invece appannaggio quasi esclusivo di personaggi televisivi o musicali. Da osservatore privilegiato quale sei, qual è il tuo colpo d’occhio sulla situazione editoriale italiana in questo momento?
Beh, non esageriamo! Sono una stella relativa, in un ambiente, quello letterario, che non si può considerare popolare da nessuna parte. Nessuno mi ferma ancora per strada per chiedermi l’autografo! Anche in Francia, dove tutti leggono, le vere star rimangono quelle della TV o dello sport (perlopiù il calcio e il rugby). Certo, ovunque ci sono saloni, io ne faccio due al mese ormai, e c’è sempre la coda dei lettori, però, come dico sempre, so di essere una stella in un cielo stellato: sono uno di quelli bravi, in mezzo a tantissimi altri. Quanto alla situazione editoriale italiana, la vedo sinceramente molto male. Credo che aldilà della crisi il vero problema sia che è si tratta di un’industria basata molto sull’apparenza, popolata da gente che finge di essere quel che non è: editori che fanno libri che non vendono, editori che fanno libri che non distribuiscono, editori che fanno libri solo per spendere soldi che provengono da rami diversi di un’azienda più grande. Tra gli illustratori, o quelli che si presentano come tali, la maggior parte non vive del proprio lavoro, ma si comporta come se lo facesse. La mancanza di sincerità è di fatto un doping che da decenni droga il mercato e non fa bene a nessuno. Credo che nessuno abbia affrontato poi la questione principale dell’editoria italiana, cioè: perché fare libri in un paese che non legge? Ci sarebbe tanto da discutere.
A livello internazionale, quali editori apprezzi particolarmente, con chi ameresti lavorare?
Penso che tutti conoscano i miei editori principali, Sarbacane in Francia e Zoolibri in Italia. In Francia ho iniziato a collaborare anche con Gulf Stream per la serie Bons baisers ratés e sono uscito con due libri per Actes Sud. Sono un uscito anche con Thierry Magnier nella collana Tête-de-lard diretta da Antonin Louchard e voglio assolutamente farne un altro paio. Proprio in questi giorni stavo cercando il materiale per due nuovi libri fotografici. In Francia mi piacciono anche Autrement e Helium, con cui non ho avuto ancora occasione di lavorare. L’anno scorso ho esteso un po’ i miei confini e ho iniziato a collaborare con Bruaà in Portogallo con cui ho fatto due libri e mi sono trovato benissimo. Ho lavorato bene anche in USA con Chronicle Books. Tra i tanti, mi piacciono poi gli spagnoli Barbara Fiore, Laberinto (che mi pare abbia tradotto il mio L’Ennemi), A Buen Paso, Zorro Rojo (che ha tradotto il mio Marlène Baleine). Poi in Brasile seguo Cosac and Naify, in USA Creative Company. In Portogallo mi piace Planeta Tangerina con cui sono già uscito con un libro illustrato da Valerio Vidali, Um dia, um guarda-chuva (Un giorno, un ombrello). In Svizzera mi piace Notari e anche con loro ho appena firmato per un libro in uscita l’anno prossimo.
E in Italia?
A breve esco con Orecchio Acerbo, al quale mi ha portato Maurizio Quarello, perché avevo proposto il testo a lui prima di venderlo a un editore. Li ho sempre seguiti e mi sono trovato bene, quindi non mi spiacerebbe se si rinnovasse la collaborazione. Con Rizzoli ho firmato per un libro che credo esca a fine anno, ma per il resto seguo poco le novità. Di recente ho iniziato una collaborazione con Kite che mi sembra uno dei pochi editori interessanti tra i piccoli venuti fuori negli ultimi anni. Ho incrociato Valentina Mai alla Fiera di Bologna un paio di anni fa e qualche mese dopo ci siamo trovati sul prato del Picnic Festival (di cui quest’anno sono il direttore artistico) di Reggio Emilia e dopo qualche tempo è nata la collaborazione. Abbiamo già fatto insieme un’app – Each to his own – e a parte i due libri in uscita abbiamo diversi altri progetti in corso.
E illustratori? Chi ti piace? Con chi vorresti lavorare? Ce ne sono di italiani?
Me ne piacciono molti. In Francia di recente ho lavorato molto bene con Alexandra Huard e Vincent Mathy (che in realtà è belga). Per Alexandra ho già scritto una nuova storia. Mi piacciono molto anche Thomas Baas, Sebastien Mourrin, Geraldine Alibeu, Pierre Mornet. Tra gli inglesi più recenti seguo Kevin Waldron, mentre tra gli spagnoli mi piacciono Jorge Gonzales, Jesus Cisneros, David Daniel Alvarez Hernandez, Pablo Auladell, Ana Albero. Mi piacciono molto anche Isabelle Arsenault e Pishier (Quebéc). Una delle scoperte più recenti è lo svedese Mattias Adolfsson, che ho subito coinvolto in un progetto, ma anche con la maggior parte degli altri ho già progetti in corso. Per quel che riguarda gli italiani ho lavorato molto bene con Valerio Vidali e Maurizio Quarello, ma anche con Isa Banchevicz e Marco Somà. Con la giovanissima Monica Barengo sto ultimando un libro proprio adesso, previsto in uscita per l’autunno. Ne sto finendo uno anche con Maddalena Gerli in uscita per Zoolibri l’anno prossimo. Mi piacciono anche Claudia Palmarucci ed Emiliano Ponzi e con entrambi ho un progetto in corso. Ma sono sicuro che ce ne sono altri che ho dimenticato!
In base a quali caratteristiche scegli un editore? E un illustratore?
In generale cerco un editore nel quale riconosco una certa visione comune. Preferisco i piccoli, ma devo dire che con gli americani di Chronicle Books ho lavorato comunque molto bene, anche se sono dei colossi. Gli americani sono molto friendly e lavorare con loro è divertente, anche se piuttosto faticoso.
Per quel che riguarda gli illustratori cerco quel che mi piace, spesso scrivo su misura per un artista, ispirandomi alle tavole. Gli editori e gli agenti ormai mi mandano direttamente i book degli illustratori con cui gli piacerebbe che lavorassi. Poi, poche regole, di cui una base: voglio vedere lo storyboard. Ho visto che chi non finisce lo storyboard di solito non finisce il libro. E poi l’illustratore non deve avere oltre un certo numero (che non vi dico) di amici su Facebook: chi passa le giornate ad aggiornare la foto del profilo e a incollare citazioni su Facebook non ha tempo per lavorare.
Quali sono i tuoi progetti di prossima uscita?
Innanzi tutto a brevissimo il terzo tomo di entrambe le serie fumetti che porto avanti con Sarbacane: Joëlle Cruelle: Une journée d’enfer!, illustrato da Ninie e Dix petits insectes: retour vers le passé, illustrato da Vincent Pianina. Poi c’è un nuovo fumetto in uscita con gli spagnoli di Bang!, Super-Potamo, illustrato da Raphaëlle Barbanègre. La prossima estate esce invece il mio primissimo romanzo: L’Amour? C’est mathématique! (Sarbacane), una storia divertente per ragazzini di 12-13 anni. In Italia esco a breve con Mio papà, il grande pirata, illustrato da Maurizio Quarello (Orecchio Acerbo) e Io, Qinuq, illustrato da Leire Salaberria e pubblicato da Kite che ha tradotto anche La Regina delle rane non può bagnarsi i piedi (illustrato da Marco Somà) che ho pubblicato in Portogallo l’anno scorso. A parte questo, come ti dicevo, sto ultimando un libro americano e un ebook, ma le uscite sono previste per il 2014. Per fine 2013 / inizio 2014 dovrei uscire anche con un altro libro molto bello per Kite, di cui però non voglio ancora parlare e il secondo libro della serie Bons baisers ratés, quello su Venezia, illustrato da Isa Banchewitz.
Ultimamente le cose cambiano piuttosto in fretta, non si può non tenere conto delle continue innovazioni nei vari dispositivi mobili, social networks, software vari, di cui l’ultima frontiera sono le apps. Cosa pensi in particolare di queste ultime e, più in generale, del mondo digitale?
Non mi è mai piaciuto entrare nella polemica carta vs digitale, libri vs ebook, ecc. Io del resto ho iniziato a lavorare disegnando videogiochi! Non sono stato un gran videogamer, però ho continuato a giocare e mi ci diverto ancora. Mi piace la carta, mi piacciono i libri e il loro odore, ma il mondo delle app mi intriga molto, soprattutto come autore. Mi sembra che apra nuove possibilità ludiche, tutte da esplorare. Quindi, perché no? Ho già illustrato un’app e con Kite dovremmo farne un’altra tratta da un mio progetto nato in principio per un libro. Ne sto sviluppando anche una terza concepita esclusivamente per la piattaforma digitale.
Sei autore di numerose guide che consiglio caldamente a chiunque voglia avvicinare la professione di illustratore, in questo spazio, per forza di cose meno articolato, ti chiedo: c’è un consiglio che ancora non hai dato?
Sì, non ascoltare i miei consigli! Ma devo dire che quello le mie allieve lo fanno già: soprattutto quando consiglio di lasciar perdere questo o quell’editore sapendo già che non pagano. Di solito fanno di testa propria, salvo dirmi dopo mesi: ma sai che avevi ragione? Non mi hanno pagata! Però va bene lo stesso, suppongo. Certe cose non si possono insegnare, bisogna impararle con l’esperienza.