Nessuno dei dipinti che vedete esiste più. Dopo nemmeno 24 ore dalla loro creazione l’acqua li ha cancellati per sempre. Una catarsi quotidiana, implacabile e necessaria, che è stata la salvezza di Marta Grossi, intrappolata a Milano durante il lockdown.
La creatività è una medicina senza effetti collaterali e, come diceva Eistein, “è contagiosa“. Lei sì andrebbe trasmessa, il più possibile, perchè diversamente dal credere comune, non è una dote innata. Può essere allenata così come accade per qualsiasi altro sapere umano. E può essere riscoperta, anche da adulti.
Per chi di creatività vive poi, l’esprimere le proprie emozioni – positive e negative – attraverso il creare è più assimilabile a un bisogno, come respirare o nutrirsi. È il caso di Marta Grossi, creative director di origini venete che ha vissuto gli ultimi 10 anni tra Asia ed Europa. “Replace fear of the unknown with curiosity” è il suo motto. Arrivata a Milano pochi giorni prima che scattasse il lockdown, si è trovata suo malgrado a dover trascorrere due mesi e mezzo in un piccolo appartamento in affitto, in completa solitudine. È in questo contesto inaspettato e surreale che ad un certo punto decide di dar vita a una performance artistica temporanea unica nel suo genere, che va ad aggiungersi ai tanti i progetti che portano la sua firma. Dalla grafica al design passando per arte, illustrazione, pubblicità, Marta ha una personalità poliedrica in grado di ispirare e lasciarsi ispirare da tutto ciò che la circonda, che siano persone, canzoni, piante o oggetti, anche i più improbabili. Banane e lavandini, per esempio. Non ci credete? Leggete qui sotto.
Ciao Marta, benvenuta su Picame. Iniziamo con una breve introduzione per i nostri lettori: chi sei, da dove vieni e che cosa fai.
Sono Marta Grossi, eterna sognatrice e anima curiosa. Sono veneta, ma il mio lavoro di creative director e artista mi ha portato ad esplorare costantemente terre lontane. Fino ad arrivare in Asia, dove sono rimasta per 9 anni, nella città di Hong Kong. Al momento sono rientrata in Italia da due anni, per riconnettermi alle mie origini e sviluppare nuovi progetti qui e in Europa.
Parlaci del tuo ultimo progetto “WASH YOUR HANDS AND KEEP CREATIVE”.
Il progetto temporaneo è nato decisamente per necessità. Sono rimasta bloccata a Milano per due mesi e mezzo, in un appartamento che avevo affittato per qualche settimana, con una valigia e pochi effetti personali. Ho scelto di non rientrare nella mia città di residenza in Veneto e di non esporre la mia famiglia al rischio di contagio, così ho affrontato la quarantena da sola, usando tutte le mie energie creative per affrontare l’emergenza e rimanere positiva.
Perchè proprio il lavandino e non ad esempio un altro oggetto o della semplice carta?
Una volta che ho cominciato a terminare i pochi fogli che avevo con me, l’istinto mi ha portata ad illustrare delle scritte motivazionali nel lavandino del bagno. Ho utilizzato gli unici colori a disposizione, gli acquerelli che avevo in valigia, e che porto sempre con me. Mi sono accorta di quante volte sentivo ripetere la frase “LAVATI LE MANI”, di come il lavandino cominciavo a detestarlo, perchè era diventata un’azione meccanica e sottolineava la paura e l’ansia che stava rapidamente crescendo ovunque. Il lavandino è diventato in poco tempo la mia tela temporanea. Inaspettato e complicatissimo, decisamente uno dei supporti più mutevoli su cui abbia mai dipinto. Ancora una volta ho realizzato che possiamo guardare le stesse cose con occhi diversi.
Come hai scelto i soggetti delle opere, ti sei lasciata guidare dall’istinto o hai seguito un filo conduttore?
Sono una persona molto istintiva, specialmente in ambito creativo, molti dei primi soggetti erano legati al mondo della natura. Inconsciamente penso di aver sentito il bisogno di vedere tutto quello che i miei occhi non potevano visualizzare fuori da quelle mura. Ho immaginato la primavera uscire da quel lavandino, fiori di ciliegio, il mare, il glicine, i coralli… Ma anche richiami asiatici – come il panda, o la porcellana blue china – i graffiti e i pattern più astratti. In un secondo momento ho cominciato a pensare ai soggetti, riflettendo sulla forma ergonomica del lavandino. Il filo conduttore è quello delle emozioni umane, correlate al mondo della natura-botanica, della musica e ispirazioni varie che vivo giornalmente.
Non è stato frustrante dover cancellare le opere poche ore dopo averle realizzate?
L’elemento acqua che dissolve l’opera nel lavandino è sostanziale. Non solo trasforma l’immagine e le attribuisce un contesto unico, ma la rende semplicemente temporanea ed effimera. La temporaneità di qualcosa ci induce ad apprezzarne maggiormente il contenuto. A godere di ogni singolo momento, a vivere pienamente il presente. Ho affrontato il tema del supporto temporaneo in altri progetti (vedi Banana Graffiti Project) e sono fermamente convita che coincida molto con la mia visione di vita. Per me non è una frustrazione, piuttosto una liberazione. Come la mano va lavata per eliminare il virus, quei colori hanno lasciato il lavandino dopo aver servito il loro scopo. Ovvero, creare un’emozione o alterare una percezione per comunicare qualcosa. Ho ricevuto svariati messaggi – anche di sconosciuti – che mi dicevano che attendevano il lavandino del giorno per avere un pò di leggerezza e positività in un momento devastante. Che per loro era d’aiuto e li faceva sentire meglio. La consapevolezza di questo ha dato un senso e un valore alla mia quarantena.
Cosa hai provato quando finalmente hai potuto lasciare l’appartamento?
Ho provato un’emozione molto forte, come se avessi lasciato un segno o una traccia nei posti che ho visitato, nei viaggi che ho fatto, nelle persone che ho attraversato. Quando ho pulito l’appartamento prima di partire ho riguardato quel lavandino nelle sue sembianze originali e ho pensato a quanto grande è il potere della creatività condivisa.
Per una persona come te che ha viaggiato molto e per anni è stata lontana dall’Italia, che cosa significa “casa”?
Casa è un luogo di ritorno, di appartenenza e di vitale importanza. Sono le radici, originarie o quelle che depositiamo attorno. Il mio concetto di casa si è stravolto molte volte durante l’esperienza di vita all’estero. Forse perchè sono stata lontana 10.000 km da casa e ho imparato ad aprire la mente. Per tanti anni ho pensato che “casa” fosse solo un luogo fisico, ora so che per me è un concetto molto più ampio e non per forza definito da delle barriere architettoniche. Casa può essere un’amico, una famiglia, possiamo anche essere noi stessi dentro il nostro corpo. Una casa senza le persone, le emozioni e i rapporti umani, non vale nulla.
Nelle scorse settimane abbiamo sentito tante storie di persone che si sono rifugiate nella creatività per sfuggire alla noia e all’ansia da lockdown. Forse allora non è vero che la creatività è una dote innata, magari è in ognuno di noi e, per citare una celebre frase, “è come la gravità, basta solo una piccola spinta”.
La creatività è sicuramente dentro ciascuno di noi, alcune persone sono molto più sensibili e naturalmente portate ad esplorarla. Le vie per essere creativi sono molteplici – non si tratta di sapere dipingere o disegnare bene.
La creatività per me è pura energia, una forza viscerale che va alimentata e condivisa.
Tra 30 anni quale sarà il ricordo più vivo legato a questo periodo della tua vita?
La mia memoria è visiva, ma ricorderò sicuramente le emozioni che ho vissuto in questa quarantena. Quella volta che ho disseminato il palazzo mezzo vuoto di bigliettini con illustrazioni e una piccola frase anonima, che poi ho fatto scorrere sotto le porte. Quando ho trovato davanti alla porta dell’appartamento un quadrifoglio dentro a una tazzina, una porzione di lasagna al forno e un mazzo di fiori provenienti da sconosciuti. Le foglie germogliate nella pianta che mi ha fatto da compagnia, Spotify che ha suonato musica ininterrottamente, e l’odore forte di quei guanti neri di lattice. Le ombre delle foglie al vento nel cortile interno del palazzo, il sole del pomeriggio che filtrava dal minuscolo terrazzino, le persone che ho sentito vicine anche da lontano. Le piccole cose. E la capacità incredibile dell’essere umano di resilienza e di adattamento.
Tre artisti che vuoi consigliare ai nostri lettori.
Al momento mi piacciono molto le nuvole oniriche di Brooklyn Whelan, l’illustratrice coreana Henn Kim, che ha traslato in creatività le sue emozioni negative, quali ansia, depressione e insonnia. E poi i mondi sospesi di Eliseo H. Zubiri.
Il 2020 di Marta Grossi sarà?
Transizione, evoluzione e semplicità.