Forme semplici a colori vivaci sono il linguaggio di base per centinaia di progetti che vanno dall’illustrazione all’animazione, dalla comunicazione al design, con ironia e gusto per la sperimentazione.
Dopo il liceo artistico in Italia e un anno alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana nel 2010 il percorso formativo di Marco Oggian è continuato come art director in varie agenzie tra Europa e America per brand come Nike, BMW, Vogue, Samsung, Saatchi & Saatchi e Mozilla. Approdato a A Coruña, nella Galizia spagnola, dove tutt’ora vive e lavora, ha fondato Brutto, uno studio grafico che è anche una galleria e un laboratorio creativo per sperimentare con varie tecniche (illustrazione, comunicazione, ceramica, tessuto, 3D, etc.) ed è art director dell’agenzia e festival Follow. I suoi riferimenti stilistici vanno da Fortunato Depero a Keith Haring, da Kandinsky all’astrattismo. È apparso su decine di riviste e libri di design e ha esposto nelle gallerie di mezzo mondo.
Ad un certo punto Marco ha deciso di dare una svolta minimalista al proprio stile, limitando il vocabolario espressivo ad una gamma ristretta di forme geometriche e colori primari, per imparare a disciplinarsi e raggiungere la massima espressività con la massima semplicità, secondo la lezione del famoso architetto tedesco Mies van der Rohe, espressa nella sua celebre frase: “less is more“. Quella che sembra una rigida limitazione stilistica non gli ha impedito di comportarsi come un vero stakanovista della creatività, impegnandosi in una miriade di progetti e sperimentando discipline espressive diverse riuscendo sempre a “fare canestro“. Il perché io abbia usato una metafora sportiva lo scoprirete tra qualche riga proprio dalle sue parole.
IDENTIKIT
Nome e cognome: Marco Oggian
Data di nascita: 23/03/1990
Professione: Non ne ho idea
Luogo di residenza: A Coruña, Spagna
Sito web: mrcggn.com
Instagram: @marco_oggian
Behance: Marco Oggian
Ciao Marco e benvenuto su Picame. Vorrei iniziare con una breve introduzione per i nostri lettori: chi sei, da dove vieni e che cosa fai.
Sono Marco, vengo dal Lago Maggiore e penso faccia il designer, anche se su Instagram c’è scritto che faccio l’artista. Insomma, faccio cose, vedo gente.
Tucano di Milano, legno dipinto ad acrilico, 2019
Il primo disegno che riesci a ricordare?
Ci ho pensato tre giorni e probabilmente un disegno di Bart Simpson sullo skate, a 7 anni.
Le tue fonti di ispirazione?
I ricordi, le esperienze e il telegiornale.
Durante il tuo percorso hai fatto esperienze in paesi diversi: qual è stato l’incontro o il contesto che ha stimolato di più la tua creatività e dove pensi che la figura dell’illustratore abbia maggiore dignità?
Paradossalmente i migliori momenti creativi, se così possiamo chiamarli, li ho avuti nei momenti meno stimolanti. Per dire, in questo passato 2020 ho lavorato come un matto. Giappone? Inghilterra? Non lo so. Ormai secondo me non si può nemmeno più parlare di paesi, differenze e dignità meritate, abbiamo raggiunto una globalizzazione tale che i confini non esistono nemmeno più.
“Ormai secondo me non si può nemmeno più parlare di paesi, differenze e dignità meritate, abbiamo raggiunto una globalizzazione tale che i confini non esistono nemmeno più”
Hai lavorato con molti brand famosi, con quale ti sei trovato meglio e più libero di esprimere la tua creatività?
Con tutti, penso! Una cosa che cerco sempre di trasmettere ai ragazzi in studio, e forse non faccio così bene, è l’ossessione di offrire il miglior servizio possibile al cliente, piccolo o grande che sia. Arriviamo a generare una vera e propria collaborazione e tutto funziona. Spesso purtroppo ci concentriamo solo sul risultato finale e tralasciamo il percorso, cosa secondo me fondamentale. Lasciamoci invadere dalle idee e dai “feedback” del nostro cliente e vedremo che saremo liberi di esprimere al 100% la nostra creatività.
Tre artisti che ti senti di consigliare ai nostri lettori.
Solo tre? Pablo Pulgar, Michela Picchi, Vitor Mejuto, Hector Francesch, Keeenue, Ana Rod e molti altri. Andate a guardare il mio Instagram e collaborazioni.
Le tue passioni oltre all’illustrazione?
Pallacanestro, lavorare e lavorare. Ah, mi piace cucinare.
C’è un personaggio famoso che ti piacerebbe incontrare?
Sì, Kobe Bryant.
Uno dei tributi di Marco alla sua grande passione per il basket.
Progetti che vorresti realizzare nel prossimo periodo?
Finire (spero) un libro su 99 progetti realizzati tra il 2010 e 2020 e l’importanza della versatilità nel mondo creativo che sto preparando da troppo tempo ormai e non fare niente per almeno due giorni.
Soul è uno dei tre pezzi gonfiabili 3D realizzati da Mike Fernández e ispirati ai mostri disegnati da Marco Oggian per la mostra collettiva Dreams and Nightmare alla Pocko gallery di Londra nel 2020. La mostra aveva per tema tre delle emozioni che ancora dominano la nostra vita in tempo di pandemia, ovvero: rabbia, odio e paura. Il mostro gonfiabile è digitale e si materializza in modalità realtà aumentata attraverso l’uso della fotocamera dello smartphone.
Con la serie My Monster Marco ha creato una galleria di creature prodigiose e non solo spaventevoli, con una forma diversa di bellezza; esseri tristi e solitari come Quasimodo o Frankenstein, che incarnano il timore di essere rifiutati dalla società.
L’animazione è ben rappresentata dal progetto Cohesion per promuovere Dialogica, un team italiano di psicologi; le forme astratte create da Marco sono state animate sulle musiche originali di Daniele Richiedei e l’art direction di Pocko. Ispirandosi alle opere di Kandinsky il risultato è un omaggio agli sperimentalismi cinematografici dell’avanguardia di inizio ‘900.
100 faces è un progetto diventato mostra (One hundred stories, one face) nella galleria londinese di Pocko nel 2018. La sfida è quella di riuscire a rappresentare personaggi iconici a partire dalle stesse forme di base aggiungendo quei pochi dettagli che li rendono unici e riconoscibili. È un esercizio di stile ma anche un modo per dire che in fondo siamo tutti uguali.
Sfondi per gli smartphone Galaxy di Samsung, 2019
Attento alle questioni del nostro tempo Marco non manca di esprimere il proprio punto di vista utilizzando la sua ironia giocosa e colorata per criticare aspramente i mali della società e mettendosi in prima linea per la raccolta di fondi. Spesso, in questi come in altri lavori, compare il simbolo di un occhio spalancato che ci fissa. Per Marco rappresenta lo sguardo senz’anima della nostra società.