Marco Cazzato vive e lavora a Torino ed è quasi impossibile elencare tutte le sue numerose e fortunate collaborazioni che spaziano dall’arte della narrativa all’uso dell’immagine in ogni forma possibile.
I suoi lavori sono potenti ed evocativi, come frammenti di una pellicola cinematografica d’altri tempi. Racchiudono particolari inediti di una storia che è ancora tutta da scoprire e che bisogna inseguire per capire dove vuole condurci. Ogni immagine è un racconto a sé, ricca di quei preziosi dettagli che catturano e che trasportano in un passato a volte familiare e amico, altre volte sconosciuto e inquieto. È proprio lì che ha inizio la magia della suggestione.
Con Marco ho parlato dei nuovi progetti editoriali da poco pubblicati, di quelli futuri e della nostalgica passione di scovare fotografie d’epoca nei mercatini fuori porta per carpire il segreto negli occhi di chi vi è impresso e lasciarsi ispirare.
Ciao Marco, benvenuto su Picame. I tuoi lavori spaziano tra editoria, musica e cinema: dove ti senti più a tuo agio?
Ciao e grazie per l’invito. Penso che l’essere ecclettici sia una caratteristica utile per chi vuole fare questo mestiere. Un illustratore è per forza di cose tenuto a misurarsi su più fronti, il che per quanto mi riguarda è un bene. È sicuramente più stimolante avere la possibilità di confrontarsi in ambiti diversi, pur tuttavia restando se stessi. Ovviamente il mondo dell’editoria è quello che occupa lo spazio maggiore nel mio lavoro, ma anche in questo caso le applicazioni sono molteplici, dalle copertine di libri, alle illustrazioni per i quotidiani, fino agli albi illustrati. Nell’ambito musicale è interessante il confronto che si sviluppa con artisti che usano un altro media per esprimersi, lavorare insieme e scoprire che in fondo ricerchiamo le stesse cose, così come nel cinema. Per rispondere alla tua domanda, sentirmi a mio agio non dipende tanto da quale ambito ma dalla qualità del rapporto che si crea con il “committente” e dai presupposti con cui inizia la collaborazione.
Come è stato illustrare un classico della letteratura come “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich M. Remarque per la nuova edizione di Neri Pozza?
È stata una bellissima esperienza, ma sentivo forte la responsabilità di confrontarmi con un testo così importante. Penso che la sensazione possa essere simile a quella che prova un restauratore che deve mettere le mani su un grande capolavoro. Il romanzo è molto evocativo, fin dalle prime pagine mi ha coinvolto profondamente, è quindi stato più facile lasciarsi guidare dalle suggestioni della scrittura potente di Remarque. Mi auguro di aver trovato la chiave giusta. Penso sia un libro che ha ancora molto da dare, soprattutto in questo periodo storico in cui si ha la sensazione che la comunicazione, così veloce e confusa, possa esimersi dalle responsabilità di eventuali conseguenze, ecco questo è un libro sulle conseguenze.
Quali sono le tue fonti di ispirazione e come si sviluppa il processo creativo dei tuoi lavori?
Le ispirazioni sono ovunque, a partire dalle opere degli artisti che mi piacciono, poi il cinema, le vecchie fotografie, banalmente tutto quello che vedo. Quando qualcosa attira la mia attenzione, anche solo un particolare taglio di luce ad esempio, tendo a fare mentalmente alcuni passaggi di come potrei riprodurlo pittoricamente, dopodichè vado a immagazzinarlo in una stanza sul retro del mio cervello, dove all’occorrenza posso recuperarlo. Se mi devo rapportare a un testo, come spesso accade, cerco di coglierne l’atmosfera, anche qui cerco qualche dettaglio che ritengo maggiormente evocativo, oltre a seguire il desiderio di disegnare quel particolare soggetto.
Facciamo un gioco di memoria. Ricordi il tuo primo disegno?
Il primo in assoluto no, i primi erano sicuramente dei bellissimi segnacci con i pastelli tipici di tutti i bambini. Ricordo che a un certo punto ho cominciato a giocare con il disegno, rappresentavo delle battaglie tra robot e mostri vari, dove alla fine tra razzi ed esplosioni non ci si capiva più nulla (erano gli anni in cui in tv passavano Goldrake e via dicendo). Poi ho iniziato a copiare i paperi che leggevo su Topolino, ricordo la sorpresa nel capire la costruzione del becco di Paperino, mi si è aperto un mondo.
Il 9 febbraio scorso è uscito per Rizzoli “Fiabe per adulti consenzienti” di Guido Catalano con le tue illustrazioni. Quello con Guido è un sodalizio ormai consolidato e potentissimo, come vi siete conosciuti e come avete iniziato a collaborare?
Con Guido ci si conosce da una decina d’anni, frequentavamo lo stesso locale e ci si conosceva già a vicenda professionalmente, ad un certo punto abbiamo iniziato a frequentarci regolarmente. Se ci fossimo segnati tutte le idee partorite insieme da sbronzi a tarda sera, a quest’ora avremmo materiale per cento volumi dell’Enciclopedia della Scemenza, ma non lo abbiamo fatto, a parte qualche eccezione come questa.
Cosa c’è adesso sulla tua scrivania?
Il solito caos e le tavole dell’ultimo libro a cui sto lavorando.
Dimmi tre cose che hai visto, letto o sentito nell’ultimo anno che vorresti assolutamente consigliarci.
“What did Jack do?” un corto di David Lynch. Nanni Moretti che legge i diari di Caro Diario. Il Parco dei mostri di Bomarzo.
C’è un progetto al quale sei particolarmente legato?
Sì, il mio libro “Album” edito da GRRRz Comic Art Books nel 2016, penso sia il lavoro che maggiormente mi rappresenta. Si tratta di un “quasisilentbook”, quasi perchè ho scritto delle brevissime didascalie, ma per il resto sono tutte illustrazioni ispirate a vecchie fotografie di famiglia. È un libro sulla memoria. Raccolgo da anni le vecchie foto, dai mercatini ecc., hanno un fascino potente, un potere narrativo molto forte. Un istante congelato nel tempo di persone che non conosciamo, ma di cui inevitabilmente immaginiamo un prima e un dopo. Mi sono reso conto di quanto preziose possano essere queste immagini, ma purtroppo capita che non ci sia più nessuno che le conservi e quindi finiscono sui banchi dei mercatini, questa mia raccolta è un piccolo tentativo di salvarle dall’oblio. È un modo di conservare i ricordi che non esiste più, dato che quasi più nessuno stampa le foto. Con questo libro ho cercato di rendere omaggio a queste immagini, attraverso illustrazioni ad acrilico che non rappresentano la fotografia in sè ma il ricordo di una fotografia.
A cosa stai lavorando in questo momento?
Ho appena finito le tavole del prossimo libro, un’edizione illustrata del carme di Ugo Foscolo “Dei Sepolcri” che uscirà per Il Saggiatore. Come puoi immaginare una sfida molto impegnativa, speriamo bene!