Luogo Comune, ha uno stile molto riconoscibile che utilizza sia per i lavori su carta che per quelli su muro. Le sue composizioni sono spesso caratterizzate da una giustapposizione di riquadri, con funzione narrativa o decorativa, realizzati in bicromia con colori complementari o con una palette di poche tonalità.
Quasi ogni suo progetto racconta la storia legata al luogo nel quale il murale viene realizzato, recuperandone le tradizioni e la memoria, e dotandolo di una funzione pedagogica se non addirittura totemica. Il desiderio di comunicare avvicina le composizioni ad una versione contemporanea delle pale d’altare polittiche dipinte tra medioevo e barocco, che raccontavano la vita dei santi, o ai cartelloni folkloristici che accompagnavano i cantastorie e descrivevano le scene principali dei fatti da loro narrati.
Di questo e molto altro Luogo Comune ci ha parlato nell’intervista che gli abbiamo fatto, accompagnata da una selezione di lavori fatta dall’autore stesso.
IDENTIKIT
Nome: Luogo Comune
Data di nascita: 16/12/1992
Professione: Illustratore / mural artist
Città: Bologna
Sito web: www.luogocom.com
Instagram: @luogo_comune
Vimeo: luogocomune
Ciao e benvenuto su Picame. Vuoi presentarti ai nostri lettori dicendoci chi sei, da dove vieni e che cosa fai?
Mi chiamo Luogo Comune, e sono un illustratore e mural artist. Originario della più profonda pianura padana, ho passato i miei anni universitari tra Milano e Urbino, ora vivo a Bologna. Disegno da quando ho memoria, o meglio ho continuato a farlo anche quando i miei compagni e le mie compagne di classe hanno invece smesso. Da adolescente mi appassiono ai graffiti, un vero e proprio primo amore, che non mi ha più lasciato e senza il quale non sarei dove sono ora. Negli anni ho sviluppato un percorso artistico che si articola tra l’illustrazione per l’editoria e grandi opere murali entrambe accomunate dalla volontà di raccontare attraverso le immagini e di farlo attraverso una sintesi delle forme e dei soggetti.
Ricordi il tuo primo disegno?
Non ricordo precisamente il mio primo disegno su carta. Ricordo però che con il mio compagno di banco – divenuto poi migliore amico – alle scuole elementari avevamo dei quaderni dove facevamo a gara a chi disegnava meglio determinati soggetti. Ho invece lucida memoria delle prime notti a dipingere graffiti nelle zone industriali o nei sottopassi della mia città. Rigorosamente in bici e con lo zaino pieno di bombolette spray comprate con i pochi soldi a disposizione.
Illustrazione classica e murali: usi approcci diversi per gestire la creatività e il progetto grafico nei diversi ambiti?
La potenza comunicativa di un immagine è trasversale e diretta, leggibile da tutti/e, ha la capacità di “arrivare” a chiunque, a prescindere da età, genere, etnia e background culturale. Nel mio lavoro cerco di narrare con diversi livelli di lettura attraverso un segno semplice e diretto, al servizio di un immaginario ricco di simboli. Quello dell’illustrazione è un percorso che ho costruito nel tempo, su cui ho investito negli studi ed affinando un metodo. Per quanto riguarda i muri invece è stato molto naturale e sempre costante negli anni, una pratica spontanea che affonda le radici nel mio background di writer e che poi è maturata con la consapevolezza di voler raccontare attraverso superfici pubbliche e ben visibili, ma con la stessa libertà dell’inizio. Ora i due linguaggi si ibridano uno dentro l’altro, si influenzano a vicenda a seconda delle esigenze. A livello progettuale ho sviluppato un approccio simile per entrambi gli ambiti: trovo poca differenza nel lavorare a dei bozzetti per un muro piuttosto che ad uno storyboard per un libro o un magazine.
Lucamaleonte ha risposto ad una mia domanda sulla questione street art/urban artist dicendomi che preferisce usare il termine “arte pubblica” per definire i suoi interventi en plein air. So che anche tu sei molto critico sull’argomento. Puoi chiarirci la tua posizione?
La domanda è complessa ed alimenta un dibattito tutt’ora in corso nell’ambiente e tra gli addetti ai lavori. É assodato che ormai il linguaggio della street art sia mutato tantissimo rispetto alle prime esperienze di trent’anni fa. Gli approcci si sono differenziati molto nel corso degli anni e trovo che ci sia ancora tanta confusione nella vulgata comune su che cosa si può chiamare street art e cosa no. Tendenzialmente farei rientrare all’interno della parola street art tutto ciò che viene fatto in strada senza autorizzazione, in maniera spontanea. Le spinte iniziali si sono modificate, adattate ai tempi ed è normale che sia così. Istituzionalizzandosi sempre di più attraverso grandi festival, eventi e commissioni sia pubbliche che private (anche da parte di grandi brand che ne sfruttano l’appeal) è innegabile che il carattere spontaneo e illegale per gran parte si sia perso. Un altro dei motivi è stato l’avvicinarsi a questa pratica di artisti/e che non hanno mai sperimentato un’azione spontanea in strada e senza permessi. Trovo quindi più corretto distinguere tra quelli che hanno compiuto o che compiono azioni spontanee e su lavori non istituzionali, e che possono rientrare a pieno titolo all’interno della categoria degli street artist e tutti quelli che invece dipingono su commissione, e quindi fanno quello che potremmo definire arte pubblica, mural art, urban art. Non c’è un giudizio di valore in questa distinzione, ma solo un doveroso rispetto per tutti quelli che con autentica libertà fanno quello che fanno senza troppe sovrastrutture accessorie.
Luogo Comune suona come una provocazione, l’hai scelto con questo intento?
Per rispondere a questa domanda sono dovuto andare a ripescare dall’hard disk il primo disegno in cui ho firmato così, nel 2013. Mi ricordavo il periodo ma non l’anno preciso. Lo pseudonimo Luogo Comune nasce in un momento di passaggio della mia pratica artistica in cui ancora facevo i graffiti, ma con un’altra tag (l’insieme di lettere con cui ci si firma). Sempre meno lettere e già più disegni figurativi, e le regole tribali e non scritte del mondo del writing incominciavano a starmi strette. Per esorcizzare gli stereotipi (e i luoghi comuni appunto) di quelle dinamiche ho assunto, anche in maniera un poco provocatoria ed ironica, questo nome che mi accompagna da qualche anno. Successivamente, mi è stato fatto notare che anche i muri, gli spazi pubblici e tutto ciò che si trova in strada e su cui intervengo sono loro stessi dei luoghi, comuni. Di tutti/e.
Avendo lavorato all’estero hai notato differenze nella considerazione del tuo lavoro rispetto alla realtà italiana?
Non ho trovato enormi differenze nella considerazione del valore del nostro lavoro (perlomeno con i muri). Ci sono state situazioni dove il lavoro era maggiormente riconosciuto e altre dove invece era più sottovalutato, come accade anche qui in terra nostrana. In ogni caso trovo sempre estremamente stimolante il confronto e l’incontro con artist/e esteri ed avere l’opportunità di farlo in un paese differente dal mio.
Il recente libro “La città del muro” è un altro tassello mediatico del tuo lavoro. Lo stile che usi è già di per sé molto narrativo, ma come ti sei trovato con la forma graphic novel?
È il mio ultimo libro come illustratore in collaborazione con l’autrice Roberta Balestrucci Fancellu ed è il secondo a cui lavoriamo insieme dopo “Annie, il vento in tasca”, entrambi pubblicati da Sinnos Editrice ed è sempre molto bello poter rinnovare una collaborazione che funziona. Il linguaggio del graphic novel è complesso, molto vicino a quello cinematografico ed è stata nuovamente una bella sfida affrontare un libro di così tante pagine con questo approccio. Sono molto soddisfatto del risultato e delle atmosfere che sono riuscito a ricreare con il mio segno e la scelta della bicromia arancio/viola.
A quale dei tuoi lavori sei più affezionato?
Naturalmente sono molto affezionato a tutti i lavori. Ogni progetto implica una grande dose di energie di fatica, cambiamenti ed imprevisti. Questo fa si che ognuno sia speciale a modo suo. Forse tra i miei preferiti ci sono Vetus Alia Natura Vei, il lavoro fatto nel 2021 a Vetralla insieme a Kill The Pig e il progetto dell’Odissea di Bergamo insieme a Tantemani. Il primo perchè riguardandolo ogni volta mi trasmette quella soddisfazione che ho provato una volta concluso il muro e il secondo per la sua particolarità e unicità: una narrazione lunga dieci muri all’interno del quartiere di Borgo Palazzo, coi muri che si avvicinano molto ad una sorta di libro illustrato aperto sulle superfici della città di Bergamo. Per quanto riguarda il mondo editoriale credo che per ora il progetto a cui sono più legato sia “Il grande libro delle navi”, il mio primo libro come autore e illustratore allo stesso tempo e che mi ha regalato tante soddisfazioni dalla sua uscita, prima fra tutti la selezione delle tavole nella mostra degli illustratori alla Bologna Children’s Book Fair 2021 arrivata fino in Giappone e tutt’ora in giro per il mondo.
Gli artisti che ti senti di consigliare ai nostri lettori?
Per l’illustrazione consiglierei Icinori, maestri nell’arte della serigrafia e del pop up si sono distinti per la sperimentazione e l’innovazione portata al libro illustrato, creando dei mondi visionari con una grazia, un’attenzione ai pieni e vuoti e una sintesi davvero ammirevole. Per i muri Dimitris Trimintzios, in arte Taxis, un pittore greco straordinario, al confine tra realismo e sintesi grafica. In generale la scena della street art greca in questi anni è stata molto fiorente e anche alcuni artisti come Silver Formz e Monos Ctwos, amici e colleghi di Taxis si sono distinti con dei murales davvero interessanti. Sempre in tema di pittura consiglierei infine Walton Ford, di immensa bravura e tecnica e che crea delle micronarrazioni all’interno dei suoi dipinti allegorici di ispirazione naturalistica.
Un artista o un personaggio del passato o del presente che ti piacerebbe incontrare di persona?
Diciamo che più che un personaggio mi piacerebbe poter rivivere il fervore culturale del mondo alternativo e di contestazione della fine degli anni ’60, inizio ’70. Poter percepire quella volontà di cambiamento reale che oggi manca o si concretizza solo attraverso lo schermo di un device.
Hai qualche altra passione oltre a quella dell’arte visuale?
Quello che faccio assorbe la maggior parte del mio tempo, ed oltre ad essere il mio lavoro a tempo pieno è anche la mia più grande passione. Mi ritengo una persona molto fortunata per riuscire a vivere facendo quello che più mi appassiona. Proprio per questo non mi ritaglio troppo tempo libero oltre a disegnare. Quando non disegno però mi piace moltissimo leggere o andare alla ricerca di posti abbandonati. Il decadimento e l’abbandono di certi luoghi hanno un fascino incredibile ai miei occhi e trasmettono un senso di estrema quiete per l’assenza della presenza umana.
Su cosa stai lavorando in questo periodo?
Al momento sto lavorando a diversi progetti contemporaneamente! Ho iniziato un nuovo libro illustrato di cui però non voglio svelare nulla (sono molto scaramantico!), ho completato una serie di acrilici su carta che verranno presto esposti in una collettiva alla galleria di arte contemporanea Rosso20Sette di Roma e sto preparando una nuova tiratura per una serigrafia che verrà anch’essa esposta a Roma alla NeroGallery. Il tutto mentre mi accingo a partire per alcuni muri tra l’Italia e l’estero prima che arrivi l’autunno.