Lucamaleonte disegna assembramenti di animali, tutti uguali e tutti diversi, tra i quali ce n’è uno che spicca per la sua apparente incongruenza: un cane tre le capre, un lupo in mezzo ai piccioni, un passero tra i pappagalli. Da questo contrasto, unito al contesto nel quale sono collocati, nasce il significato dei suoi lavori. L’interesse di Luca per le tecniche di stampa antiche, come la xilografia e l’incisione, e per i bestiari e le tavole botaniche, traspare dal campionario di icone simboliche che popolano i suoi lavori.
La città è nostra è un’illustrazione comparsa a pagina intera su Il Messaggero. Curiosa la definizione che Luca ha dato dei piccioni: “Per me sono animali punk antisistema: vivendo in città, resistono a tutto.”
Laureato all’Istituto Centrale per il Restauro di Roma, si avvicina alla street art agli inizi degli anni 2000, utilizzando dapprima stickers disegnati a mano libera per poi passare rapidamente alle maschere e agli stencil multilivello, che gli consentono di realizzare immagini con una resa quasi fotografica. Si dedica poi alla pittura più tradizionale, con rullo e pennello. Partecipa a numerosi progetti, mostre personali e collettive in giro per il mondo e nel 2008 è tra gli artisti invitati da Banksy al Cans Festival di Londra.
Negli ultimi anni è aumentata la sua produzione come illustratore e pittore, con collaborazioni con marchi dell’alta gioielleria e dell’abbigliamento sportivo e con progetti editoriali per Laterza, L’Espresso, Sperling & Kupfer. Gli abbiamo rivolto alcune domande per farvelo conoscere meglio.
Per Luca i fagiani rappresentano simbolicamente gli artisti
IDENTIKIT
Nome e cognome: Luca Maleonte
Data di nascita: 30.9.1983
Professione: Artista
Città: Roma
Facebook: Lucamaleonte
Instagram: @lucamaleonte
Ricordi il tuo primo disegno?
Non ricordo il mio primo disegno, ma non ricordo neanche un momento della mia vita durante il quale non ho disegnato.
Uno dei tuoi stilemi ricorrenti riprende i tratteggi tipici delle vecchie stampe che, storicamente, hanno permesso di diffondere e rendere popolare l’arte. È come se chiudessi il cerchio con l’idea e gli obiettivi dei murales. La tua passione per i bestiari e lo stile incisione la si può far risalire alla tua formazione nel restauro?
Sicuramente la mia formazione da restauratore ha influenzato il mio processo creativo e l’attenzione per alcune tecniche in particolare, ma la passione per le tecniche di stampa risale a molto prima. Sono sempre stato molto attento ed interessato al disegno, più che alla pittura vera e propria, ed è stato naturale, quindi, cercare e osservare molto di più quel genere di espressione artistica, che è stata, tra l’altro, fondamentale per la riproduzione e la divulgazione. Il bianco e nero di un’acquaforte o di una xilografia è brutale, non lascia spazio ad errori, ripensamenti o interpretazione, ogni linea è al posto giusto e racconta qualcosa. È per questo che mi affascina e provo a riproporla con i miei lavori. Negli ultimi anni ho aggiunto molto colore ai miei lavori, e mi sto avvicinando a qualcosa di più dipinto, perché sento la necessità di dare più profondità ai soggetti, ma la linea scura resta presente e costituisce l’ossatura di ogni mio lavoro.
Lo stesso soggetto su una stampa e su un murale realizzato sulla facciata di un palazzo a Lugano.
“Il bianco e nero di un’acquaforte o di una xilografia è brutale, non lascia spazio ad errori, ripensamenti o interpretazione, ogni linea è al posto giusto e racconta qualcosa”
Hai già detto altrove che non ti riconosci nella definizione di street art, per il fatto che i tuoi interventi non sono illegali, non nascondi la tua identità e sei insofferente al marketing e allo sfruttamento di immagine che viene fatto intorno a questa definizione. I tuoi progetti hanno sempre un forte legame col territorio dove nascono. Preferisci definire i tuoi interventi en plein air come arte pubblica.
Ho sempre avuto un grande rispetto per chi decide di realizzare i propri lavori illegalmente e lo fa assecondando un istinto fortissimo e privo di qualsiasi fine economico. Ricordo bene come era farlo 15-20 anni fa e un po’ mi manca. Per questo ho dovuto mantenere le distanze; il mio è ormai un lavoro a tutti gli effetti, ed è giusto tracciare una linea di demarcazione tra un lavoro spontaneo e un lavoro commissionato, perché il fine è ovviamente diverso. Non mancano figure professionali che sfruttano la fama di questo movimento e usano definizioni non appropriate per raccontare progetti che niente hanno a che vedere con la street art, ed è per questo che cerco di essere sempre chiaro al riguardo, non voglio finire nel contenitore di chi sfrutta qualcosa solo perché di moda. Cerco di lavorare nella maniera più sincera possibile, e guardando i miei lavori penso che emerga chiaramente cosa è fatto con passione genuina e cosa è guidato da altre necessità.
Sotto la superficie è il titolo di questo intervento realizzato nel quartiere romano di Tor Bella Monaca. La varietà di specie dei pesci mediterranei rappresentati sottolinea il meticciamento della società. Il murales è dipinto con una vernice ecologica che “mangia” lo smog.
Tre artisti che ti senti di consigliare ai nostri lettori.
JBRock, artista urbano romano della prima ora che stimo perché è rimasto sempre fedele a se stesso e che porta avanti una ricerca coerente da anni. Ha iniziato prima di me e mi ha introdotto ad una realtà che in seguito è diventata la mia vita. È uno dei pochi, se non l’unico, della prima generazione, a concentrarsi esclusivamente su lavori non istituzionali.
Manolo Mesa, un bravissimo muralista, pittore puro che fa una ricerca molto interessante sui muri.
Lidia Cao, un’artista spagnola che lavora sulla figura della donna in una maniera molto forte, con una tecnica decisamente delicata. La considero una delle mie preferite in assoluto, e penso che tecnicamente abbiamo qualche punto in comune, sebbene le tematiche che affrontiamo siano molto diverse.
“Cerco di lavorare nella maniera più sincera possibile, e guardando i miei lavori penso che emerga chiaramente cosa è fatto con passione genuina e cosa è guidato da altre necessità”
Un artista o un personaggio del passato o del presente che ti piacerebbe incontrare di persona?
Ho la tendenza a non volere mai incontrare i miei miti, perché preferisco restino nel mio immaginario, ma tra i personaggi che avrei voluto conoscere, uno del passato è sicuramente Agostino di Bartolomei, capitano della Roma dello scudetto del 1983, mentre uno del presente è Aaron Horkey, anche solo per vederlo disegnare dal vivo.
Il lupo di Palmanova, dipinto sulla facciata di una delle case popolari di via Palmanova a Milano
Cosa ti appassiona oltre al tuo lavoro?
Ho la grande fortuna di fare una professione che è contemporaneamente anche la mia passione più grande, mi concedo quindi il lusso di passare il mio tempo libero in maniera molto disimpegnata. Sono un grandissimo videogiocatore, al limite dell’ossessione, e passare del tempo in poltrona alla Playstation è un regalo che mi concedo spesso, forse anche di più di quanto dovrei!
Puoi dirci su cosa stai lavorando in questo periodo?
In quest’ultimo periodo ho lavorato alla mostra personale che si è appena inaugurata lo scorso 15 gennaio alla Nero Gallery di Roma. Si intitola Wild Bunch ed è un racconto della mia produzione pittorica dell’ultimo anno. Ci sono opere rielaborate dagli ultimi muri dipinti ed altri lavori che si discostano dalle tematiche che solitamente affronto. È da un po’ che non faccio mostre personali e non vedevo l’ora.
Sfinge è il titolo dell’immagine-guida dell’ultima mostra di Luca
D’après Gigi. Murale dipinto in via Tonale 6, nel quartiere Tufello di Roma, sulla facciata del palazzo in cui il celebre attore ha trascorso la sua infanzia. La tecnica utilizzata è quella degli stencil multilivello.
Mucchio di pavoni , una delle opere recenti presenti alla mostra di Roma