Un’atmosfera misteriosa avvolge i personaggi solitari di Beatrice Bandiera, che con la loro espressione lunare e sognante sembrano attendere qualcosa che sta per compiersi o rivelarsi. In bilico tra sogno e favola, le sue illustrazioni sono specchi nei quali possiamo riconoscere noi stessi e il nostro mondo interiore, come in una meditazione disegnata: esploratori in viaggio alla ricerca della nostra identità.
Ricco di mistero e fascino è anche l’header che Beatrice ha voluto regalare a tutti i lettori di Picame.
Le ho rivolto alcune domande per farvela conoscere meglio.
Ciao Beatrice. Iniziamo con una breve introduzione per i nostri lettori: chi sei, da dove vieni e che cosa fai.
Ciao a tutti e grazie mille per avermi invitato! Ho ventiquattro anni e vengo da un piccolo paesino dal nome altisonante, Nervesa della Battaglia, in provincia di Treviso. Da sei anni però vivo a Bologna dove sto finendo il corso di Illustrazione per l’editoria all’Accademia di Belle Arti.
Come descriveresti il tuo stile?
Difficile trovare una definizione, è un po’ come descrivere sé stessi. Se dovessi ricondurlo ad una parola probabilmente sarebbe onesto. Onesto perché deve corrispondere e concretizzare un mio mondo interiore, o un’atmosfera che sento coerente a me stessa. Non è facile da spiegare, spesso rifaccio tavole o interi progetti perché sento che manca quella cosa fondamentale che gli faccia fare un click, che li renda vivi, in un certo senso. Per farlo mi affido molto all’istinto nel momento di progettazione e questo rende ogni mio disegno una specie di specchio in cui mi posso riconoscere. A volte disegnare diventa una specie di meditazione, altre volte mi serve per capire come mi sento.
Quale tecnica utilizzi?
Principalmente l’acrilico, ma spesso lo integro con il collage o con le matite colorate. Naturalmente ogni progetto, specie se ha a che fare con una storia, ha una sua genesi anche dal punto di vista tecnico, fondamentale per restituire a chi guarda l’atmosfera che immagino. L’acrilico è il mio grande amore, è estremamente versatile e adoro la corposità e la vivacità dei colori.
Hai già confessato altrove che preferisci lavorare in silenzio, senza accompagnamenti musicali di sottofondo. È lo stesso silenzio che caratterizza l’atmosfera dei tuoi lavori, un silenzio carico di tensione positiva che induce alla meditazione. Ma hai mai pensato se e quale potrebbe essere la colonna sonora ideale per i tuoi disegni?
Mi piace pensare alla mie illustrazioni come ad una soglia su un altro mondo, quindi sicuramente sceglierei una colonna sonora che contribuisca a costruirlo e che in qualche modo lo renda vivo. Spesso mi immagino dei suoni discreti, che in un certo senso sostengano quella tensione di cui parli anche tu. Devo dire che mi piacciono moltissimo i carillon, specialmente in quegli ultimi momenti in cui la carica sta finendo e c’è questo rallentamento in cui sembra che quella che stai ascoltando sia l’ultima nota, ma ecco che c’è ancora abbastanza carica per poterne fare un’altra e poi un’altra ancora. Forse è un po’ questo il genere di suono che immagino per i miei disegni. Anche se ovviamente dipende da disegno a disegno, per altri potrebbe andare bene un po’ di musica ambient o lowfi o dream pop, per altri ancora basterebbero dei suoni di atmosfera, come lo stormire del vento.
I tuoi disegni hanno un’anima letteraria, sono favole visionarie che sembrano nascere da emozioni vissute. Ma hai anche degli autori e/o opere alle quali sei particolarmente affezionata e che ti ispirano in particolar modo?
Certamente, e ce ne sono tanti. Da una parte sono affascinata dal realismo magico, e quindi da autori come Borges e Calvino, dall’altra sono molto affezionata anche a quella letteratura americana che sa raccontare così bene la solitudine, Carver su tutti. Su tutti c’è un libro in particolare, un libro spartiacque. L’ho letto l’anno scorso ed è L’Altra parte di Alfred Kubin. È stato ipnotico, mi ha aperto la testa in due e non so bene che cosa ci abbia fatto, ma ha mosso qualcosa in me. Credo ci sia stato un cambiamento nel mio modo di immaginare dopo averlo letto. Penso davvero spesso a quel libro, ma non ho ancora avuto il coraggio di rileggerlo. Leggo anche molte fiabe e penso che siano una delle mie principali fascinazioni, da sempre.
Tre artisti che ti senti di consigliare ai nostri lettori.
Lorenzo Mattotti, anche se forse è un po’ ovvio, Pablo Auladell e Joanna Concejo.
Digitale VS analogico: uno strumento tradizionale ed uno tecnologico a cui non potreste mai rinunciare.
Per il digitale il timbro clone! C’è sempre quella macchiolina che posso far sparire solo con quello, per il tradizionale il pennellino triplozero per i dettagli.
Quanto è importante per un artista la presenza sui social media?
Abbastanza, ma non credo sia davvero fondamentale, forse aiuta a far succedere le cose più velocemente, ma non sono sicura che sia sempre un bene per questo lavoro. Personalmente non carico molto i miei lavori, più che altro perché me ne scordo, ma uso molto Instagram,Behance e Pinterest per scoprire artisti nuovi.
Cosa c’è sulla tua scrivania?
Non molto in realtà, cerco di tenermi ordinata, perché il disordine mi fa lo stesso effetto di un prurito. Quindi c’è semplicemente quello che mi serve per disegnare, il pc e, da pochissimo, la mia calopsite che mi tiene compagnia.
Un obiettivo lavorativo che vorresti realizzare entro un anno.
Laurearmi e magari riuscire a pubblicare il lavoro di tesi.
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Di Beatrice Bandiera potete sfogliare il portfolio e seguirla su Instagram.