Molti dei lavori di Patrizia Colombo hanno un’ispirazione letteraria che viene rielaborata e rivissuta per trasformarsi in una epifania. Gli elementi naturali vengono accostati gli uni agli altri per accentuarne la reciproca forza; la luce e il buio assumono un valore simbolico, come l’acqua e i suoi abissi che diventano metafora del subconscio, o la bruma, ovvero il territorio delle possibilità che si può trasformare nel limbo dell’oblio.
Le abbiamo rivolto qualche domanda per scoprire il suo mondo.
IDENTIKIT
Nome Cognome: Patrizia Colombo
Data di nascita: 23/02/1988
Professione: Architetto
Città: Torino
Sito web: patriziacolombo.it
Instagram: @tricia_tanaka
Facebook: @patriziacolomboarte
Ciao Patrizia e benvenuta su Picame. Vuoi presentarti ai nostri lettori raccontandoci chi sei, da dove vieni e che cosa fai?
Ciao, grazie per l’invito. Sono Patrizia Colombo, sono nata e vivo a Torino. Dopo la laurea in architettura ho lavorato nel settore dell’illuminotecnica.
Quando è iniziata la tua passione per il disegno e l’arte?
Ho sempre avuto una forte passione per l’arte. Ho iniziato circa quattro anni a fa a cimentarmi con l’acquerello quasi per caso. È stato così travolgente che da quel momento in poi non ne ho più potuto fare a meno.
E a proposito di acquerello, come e perché è diventata la tecnica primaria nei tuoi lavori?
Ho provato anche altre tecniche come l’acrilico, i pastelli a olio e i gessetti, ma l’acquerello rimane la tecnica che esprime al meglio ciò che sento e non solo; la sensazione che si prova quando il pennello carico di pigmento tocca la carta e il colore si espande da solo in modo incontrollato è inspiegabile. Per me è come un momento di meditazione.
Ricordi il tuo primo disegno?
Ricordo alle scuole elementari che l’ora di arte era quella che passava più in fretta, perché mi è sempre piaciuto disegnare e dipingere. Feci un quadro che avrebbe dovuto raffigurare una roccia in mezzo ad un mare in tempesta. Ho bene in mente il mio sconforto nel momento in cui l’ho finito perché sembrava una chiazza marrone indefinita su uno sfondo blu e grigio.
Nei tuoi lavori viene spesso messa a confronto la grandiosità della natura con la minuscola figura umana.
Nel momento in cui decido cosa dipingere prende il sopravvento un sentimento profondo e personale. Per me è come raffigurare quella sensazione che nasce dalla contemplazione della natura, in un momento di pace e di silenzio che accade anche all’improvviso e che è così intimo che non so spiegare, ma sono convinta che molti di noi lo hanno provato.
Uno dei lavori ai quali sei più affezionata?
Sì, in particolare è un quadro che ho fatto dopo aver letto la Storia Infinita di Michael Ende. Non è una raffigurazione del libro, ma ho iniziato a dipingere gli incontri tra animali e uomini immersi nella bruma.
Tre artisti che ti senti di consigliare ai nostri lettori.
Marina Marcolin, Barbara Baldi e Tino Aime.
Un artista o un personaggio del passato o del presente che ti piacerebbe incontrare di persona?
In realtà più di uno, a partire da Emily Dickinson e Jack London. Come pittore sceglierei Vincent van Gogh; dopo aver letto una sua lettera indirizzata al fratello avrei voluto parlare con lui.
Hai qualche altra passione o sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe illustrare un libro. Molti dei miei quadri sono ispirati alle poesie. Lo scorso anno ho fatto cinque acquerelli ispirati al libro di Shirley Jackson “Abbiamo sempre vissuto nel castello”. Mi è piaciuto così tanto che ho deciso di illustrarlo per ricreare quell’atmosfera.
Su cosa stai lavorando in questo periodo?
Ho appena finito di lavorare ad una mostra che si tiene proprio in questi giorni a Torino; il tema è la montagna, il mio preferito!
A seguire tre degli acquerelli presenti alla mostra di Torino ispirati al simbolo naturale forse più potente di tutti, la montagna.
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