L’arte può essere usata come una terapia per curare i mali che affliggono la mente umana? È ciò che viene da chiedersi osservando le opere enigmatiche di Monica Loya, illustratrice e street artist messicana.
Si sente un gran parlare di salute negli ultimi tempi ma questo termine viene associato perlopiù a qualcosa di fisico. La sua componente psicologica, più effimera e per questo più subdola, passa quasi sempre in secondo piano. L’angoscia, la paura e l’insicurezza sono stati d’animo complessi che non sempre si riescono a descrivere con le parole. Gli artisti, per natura più sensibili e ricettivi, hanno però un’arma potente a loro disposizione: possono attingere a questo spleen come a una fonte di ispirazione e, con la loro forza creativa, esorcizzarlo.
Monica Loya ne è un esempio calzante. Le sue illustrazioni indagano le sensazioni più intime della mente umana e si collocano sulla sottile linea che divide il mondo fisico da quello psichico, spesso rompendo questo confine e lasciando che i due mondi si invadano l’un l’altro fino a diventare indistinguibili. Gli oggetti e i volti ad un certo punto si dissolvono, i connotati si mescolano, lo spazio si piega fino a distorcere la realtà. Ogni opera è una metafora in cui possiamo specchiarci e a cui possiamo attribuire arbitrariamente un significato perchè in essa riconosciamo un nostro stato d’animo. Così facendo l’opera stessa diviene al contempo consapevolezza e cura.