Le manipolazioni anatomiche della fotografa spagnola Ángela Burón creano corpi che sembrano ricombinati secondo l’estro di un bizzarro chirurgo digitale. Il “materiale” umano di partenza sono autoscatti che la sua abilità tecnica trasforma in creature senza volto in cerca di una nuova identità. Immagini spiazzanti che invitano a riconsiderare il nostro corpo da un altro punto di vista. È come se Ángela volesse creare un terzo sesso, neutro, proiezione ideale delle sue emozioni e dei suoi desideri:
“In una delle mie foto avevo cancellato i capezzoli. L’avevo fatto per evitare la censura, ma ora lo faccio perché depersonalizza il corpo, elimina la sessualità e rimangono solo il concetto, la forma, il colore.”
Questi scatti hanno esposto Ángela a commenti indesiderati, ai quali lei risponde così: “Penso che manchino di senso dell’umorismo. So cosa vuol dire essere arrabbiati con il mondo e sentirsi offesi da tutto, quindi invece di prendermela per quel tipo di commenti preferisco provare compassione e lasciare che ognuno abbia le proprie opinioni.” Nei suoi fotomontaggi non c’è spazio per violenza, sesso o compiacimento sadico ma solo una maniacale ricerca espressiva, concettuale e filosofica, che possiamo sicuramente apparentare a quella di Liun Yung Cheng, recentemente apparsa su Picame.