Un uomo è seduto alla scrivania, intorno a lui pile di fogli si ammassano l’una sull’altra fin quasi a nasconderlo alla vista. Chili e chili di inchiostro e carta a simboleggiare una condizione opprimente e logorante. Una metafora non troppo allegra, ma non è forse capitato almeno una volta ad ognuno di noi di sentirsi così?
L’interiorità umana, con tutte le sue contraddizioni e i suoi paradossi, è la principale fonte di ispirazione per l’illustratore tedesco Simón Prades, classe 1985, che con l’illustrazione concettuale si è guadagnato l’attenzione di importanti testate giornalistiche e case editrici internazionali. Fedele alle tecniche tradizionali di disegno a mano libera, Simon non disdegna di donare l’ultimo tocco con il computer, valorizzando i colori e i più minuziosi dettagli. La figura umana è centrale e preponderante, così come elementi naturali quali foglie e rami, con sporadiche ma riuscitissime digressioni nel mondo del cinema.
Simon usa l’illustrazione per immortalare la memoria e le nostalgie più intense. Ed è incantevole osservare le sue storie, fatte di matita, inchiostro e colore digitale, attorcigliarsi sul foglio come reali proiezioni della mente, così naturalmente irrazionali, create dall’incastro di elementi che vengono a galla da chissà dove. Il risultato sono opere ricche di visioni oniriche. Isabel Allende scriveva “Non esiste separazione definitiva fino a quando c’è il ricordo“: ho l’impressione che questi disegni vogliano dire anche questo.