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Sono le 12, forse sta preparando il pranzo. Oppure sono le 6 e sta lavorando ad un’illustrazione, se leggerete queste righe nelle ore serali. Gloria Pizzilli, giovane ed affermato talento italiano, ci permette di guardare dentro le sue giornate ed il suo universo, in un’intervista a cuore aperto. Un incontro pieno di emozione, intelligenza e humour, come il suo lavoro.
Qual è il punto di contatto tra te e l’iconografia orientale, ovvero da dove viene la profonda influenza che l’oriente ha nella tua ispirazione?
È iniziato tutto prima ancora che io nascessi. Mia madre Iris, tedesca, sposò Belisario, lucano. La zia Sabine, tedesca anche lei, sorella di mia madre, sposò Jaja, indonesiano di origini cinesi. Quando ci riunivamo tutti nella stessa stanza potevi assaporare tre culture diverse. Un’estate lo zio Jaja portò con sé anche sua madre, una nonna indonesiana d.o.c. Non era tanto diversa dalla mia nonna lucana: entrambe un po’ sovrappeso, in spiaggia non ci venivano mai per passare l’intera giornata davanti ai fornelli. Ma dalle mani di quella donna dalla pelle liscia e abbronzata, gli occhietti lucenti e i capelli neri come inchiostro uscivano piatti spettacolari, del tutto nuovi per me. Friggeva tutto, avrebbe reso croccante anche una suola di scarpa: a merenda banane fritte e a cena riso thai con carne e verdure, fritte anche loro. La casa estiva in Puglia che avevamo affittato profumava in ogni angolo, l’Indonesia era venuta a trovarci. Prima ancora di entrare in contatto con la sua arte, ho amato l’Oriente attraverso le persone, attraverso il cibo, attraverso la melodia della lingua.
Dalla mattina quando ti svegli alla sera quando vai a dormire: come si svolge la tua giornata-tipo?
La mia giornata tipo è governata dal caos. Se riesco ad alzarmi prima di tutti approfitto del silenzio per disegnare un paio d’ore per i fatti miei, a matita, senza brief, senza scadenza, solo per me stessa. Quando la casa è finalmente in moto e tutti sono in piedi, dopo aver fatto colazione insieme, mi decido e accendo il computer. Per prima cosa le email. Quando ho finito con quelle è già ora di pranzo. Ok, allora si pranza…e dopo pranzo ho di nuovo sonno. Sono per la qualità sulla quantità, quindi se ho sonno dormo. Quasi sempre la mia vera giornata lavorativa/operativa si svolge dalle 18:00 alle 00:00. Sono quelle le ore in cui rendo di più, in cui riesco a portare a casa un’illustrazione senza sforzo.
Lavori per clienti importanti come il New Yorker e Wired, tra gli altri: come è nata la vostra collaborazione?
Con Wired tutto è partito grazie all’amicizia e stima reciproca con Marco Goran Romano, illustratore di punta dell’edizione italiana di Wired già da qualche anno. È stato lui a segnalare il mio portfolio agli art director del magazine che dopo un po’ mi hanno chiamata. Col New Yorker invece ho seguito la procedura standard: ho scritto una breve mail con i link ai miei lavori e, magia, mi hanno risposto.
Hai iniziato giovanissima e la tua carriera procede a gonfie vele. C’è qualcosa che cambieresti nel tuo percorso, qualche desiderio che non hai ancora realizzato?
I desideri non realizzati sono molti di più di quelli già avverati, ma non cambierei niente del mio passato. Tutto, errori e difficoltà compresi, mi hanno portato ad essere qui oggi. Mi sento ancora all’inizio di un lungo cammino e ne sono felice. Imparare e vedere dove si è in grado di arrivare è la parte migliore di quest’avventura.
Se non fossi Gloria Pizzilli, illustratrice, chi avresti voluto essere?
Valentina Tereškova (Cosmonauta sovietica, e prima donna nello spazio – N.d.R.)
Chi sono i tuoi modelli e quali consigli daresti a chi si accinge a diventare illustratore?
Gli artisti formidabili i cui lavori mi lasciano a bocca aperta sono veramente tanti: Micah Lidberg, Tin Can Forest, Lucho Rodriguez, Malika Favre, Ping Zhu, Rikka Sorumnen, Veronique Meignaud per nominarne alcuni. I miei veri modelli però sono illustratori e autori che ho conosciuto di persona, con cui ho avuto un contatto diretto e dei quali ho potuto comprendere fino in fondo la grandezza. Riccardo Guasco, Anna Castagnoli, Simone Massoni, Ilaria Falorsi, Francesco Chiacchio, Marina Marcolin, Michel Casarramona e Raymond Lemstra. Non soltanto artisti straordinari, ma, soprattutto, persone splendide. Ognuno di loro mi ha dimostrato, a suo modo, l’eleganza della semplicità. Hanno confermato, ancora una volta, quanto il dare, nel mestiere creativo, sia più importante del ricevere. Ai giovani illustratori consiglio di restare sempre entusiasti, contaminarsi e condividere il più possibile. La gara c’è, ma non è con gli altri. È solo ed esclusivamente con sé stessi.
Gloria Pizzilli’s portfolio
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It’s 12 p.m. and maybe she’s preparing lunch. Or it’s 6 p.m. and she’s working on an illustration, if you’re reading this in the evening. Gloria Pizzilli, a young and successful Italian talent, allows us to take a look inside her days and her world, in an open-heart inteview. A meeting full of emotion, intelligence and humour, like the one she had with her job.
What is the match point between you and Oriental iconography? Where does the deep influence East has on your inspiration come from?
It all started even before I was born. My mother Iris was German. She married Belisario, who was from the Lucania area. My aunt Sabine, German as well, married Jaja, an Indonesian of Chinese origin. When we all met in the same room, you could savour three different cultures. Once in a summer, uncle Jaja took his mother there, too, an authentic Indonesian grandmother. She wasn’t too different from my grandmother from Lucania: both were a bit overweight, and they never came to the beach because they used to spend all their time cooking. Yet, the hands of that woman with smooth, tanned skin, sparkling eyes and ink black hair, were able to make extraordinary dishes which were totally unusual to me. She used to fry everything, insomuch as making even an outsole crisp: fried bananas as a snack and Thai rice with meat and vegetables (fried as well) for dinner. The vacation house we used to rent in Puglia smelt like Indonesia in every corner. So, even before coming in contact with its art, I was able to love Orient through its people, its food, its tuneful language.
What’s your typical day from waking up to bedtime?
My typical day is ruled by chaos. If I manage to wake up before everyone else, I try to take advantage of the silence to sketch for a couple of hours, alone, with a pencil and no brief, no deadline, just for my pleasure. When everyone is awake, and after having had breakfast all together, I finally switch my computer on. E-mails before all; when I’m done with those, it’s already lunch time, and after lunch, I’m drowsy again. I go for quality, not quantity, so when I’m feeling sleepy, then I go to sleep. My actual working time is usually from 6 p.m. to 12 a.m., when I manage to complete an illustration effortlessly.
You have been working for important clients like The New Yorker and Wired among the others: when was your collaboration born?
With Wired, it all started thanks to my friend Marco Goran Roman, leading illustrator for Wired Italian edition for years, who I admire a lot. He recommended my portfolio to the magazine art directors, which had me up for a job interview shortly after. With The New Yorker, I followed the standard procedure instead: I wrote a short e-mail linking my artworks and they replied, just like magic!
You started at a very young age and your career is going full sail ahead. Is there something you’d like to change about your path, any wish still to come true?
My unfunfilled wishes are a lot more than my funfilled ones, but I wouldn’t change anything about my past. Everything, including mistakes and difficulties, led me here today. I still feel like I’m at the beginning of a long way and I’m happy with this. Learning and measuring myself is the best part of this ordeal.
If you weren’t Gloria Pizzilli, illustrator, who would you like to be?
Valentina Tereshkova (Soviet cosmonaut, and especially the first woman to have flown in space – Ed.)
Who are your models and what would you suggest to future illustrators?
The amazing artists whose artworks leave me speechless are actually a lot: Micah Lidberg, Tin Can Forest, Lucho Rodriguez, Malika Favre, Ping Zhu, Rikka Sorumnen, Veronique Meignaud, just to name a few. However, my true models are illustrators and authors who I met in person and had a direct contact with, so I was able to fully understand their greatness. Marina Marcolin, Michel Casarramona and Raymond Lemstra. Not only extraordinary artists, but wondersful persons above all. Each of them showed me the elegance of simplicity in his own way. They proved one more time that giving, in a creative profession, is much more important than taking. I recommend young illustrators to always stay enthusiast, corrupt themselves and share as much as possible. Yes, there is a battle going on… not against the others, but against ourselves instead.
Translations: Carmen Figliola